‘’Non tutto il cibo è uguale e le scelte alimentari che facciamo influenzano il nostro corpo e la nostra mente nel corso delle settimane, dei mesi e degli anni”, afferma Lauren Broch, PhD, psicologa clinica della salute con sede a New York City specializzata in problemi nutrizionali. Un crescente numero di ricerche, infatti, supporta l’idea che siamo ciò che mangiamo, non solo fisicamente ma anche psicologicamente. Ad esempio, studi hanno collegato diete ricche di carne lavorata, fast food e zucchero a depressione (Li e colleghi, 2017) e disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Pediatrics, Vol. 139, No. 2, 2017). Inoltre, sin dalla nascita, il nostro rapporto con il cibo è strettamente connesso alle prime esperienze affettive, come l’allattamento e lo svezzamento. Questo legame rende il cibo un elemento fondamentale nelle prime relazioni col caregiver, che attraverso l’atto del nutrire si prende cura di noi. Alcuni ricercatori hanno, infatti, scoperto che il modello di riferimento esercita un’influenza importante, per cui: i genitori che consumano un elevato apporto di frutta e verdura hanno maggiori probabilità di avere figli che mostravano anch’essi un elevato apporto di frutta e verdura (Pearson e colleghi., 2009).
Il cibo, quindi, non è solo un bisogno biologico, ma assume un significato emotivo e relazionale, impregnato di simbolismo. Quando una persona manifesta disagio psicologico, dunque, questo può emergere attraverso comportamenti alimentari disfunzionali. Il cibo diventa quindi un “veicolo” che esprime il malessere interno e che può evolvere in veri e propri disturbi se il disagio aumenta. Per questo motivo, è evidente che esiste un legame indissolubile tra psicologia e alimentazione, che rende fondamentale una crescente collaborazione tra psicologi e nutrizionisti.
Tra i fattori che determinano la quantità e il tipo di cibo consumato, i fattori psicologici (come le motivazioni e l’influenza delle emozioni) svolgono un ruolo molto importante.
MOTIVAZIONI
La maggior parte dei motivi che influenzano il comportamento del consumatore sono associati o all’appartenenza a un gruppo sociale o al desiderio di preservare il proprio benessere fisico. Uno dei motivi dominanti della scelta alimentare è il desiderio di ottenere un certo conforto psichico (Babicz-Zielińska, 1999). Non sempre, però, le motivazioni razionali si traducono in modelli alimentari adeguati. Ad esempio, il desiderio di essere sani, magri o preservare la giovinezza della pelle, può sfociare in comportamenti alimentari scorretti definiti “mania alimentare” (food faddism). Ciò puo essere spiegato alla luce di:
- credenze sulle proprietà di alcuni alimenti che prevengono le malattie;
- convinzione che alcuni alimenti siano particolarmente dannosi e debbano essere eliminati;
- la convinzione che solo il cibo naturale, senza conservanti o preparati, sia sano (Fieldhouse, 1995).
L’ossessione patologica per il cibo biologicamente puro, che può causare sostanziali limitazioni dietetiche, viene definita ortoressia nervosa. I soggetti ortoressici escludono dalla loro dieta qualsiasi alimento che considerano dannosa perché può contenere pesticidi o sostanze artificiali, conservanti o alimenti trasformati. Questa ossessione si traduce in una perdita di relazioni sociali e insoddisfazione affettiva perché sono sempre preoccupati della loro alimentazione (Catalina et al., 2005). Donini & Marsil (2004) hanno dimostrato che le persone affette da ortoressia adottano un atteggiamento rigido nei confronti del cibo: il cibo con conservanti è pericoloso per la salute mentre è considerato cibo sano solo quello biologicamente puro.
L’INFLUENZA DELLE EMOZIONI NELLA NUTRIZIONE
La relazione tra scelta alimentare e lo stato emotivo è complessa. Alcune persone dimostrano un minore appetito quando sono sottoposte a qualsiasi emozione, soprattutto quelle negative. Altri in condizioni simili hanno un maggiore appetito.
La relazione tra scelta alimentare ed emozioni può essere supportata dall’evidenza che la maggioranza delle persone che soffrono di depressione sono anoressiche. Tuttavia la relazione tra emozioni e preferenze alimentari sono state finora oggetto di pochi studi.
In uno studio condotto su un centinaio di studenti americani, sono stati determinati gli effetti di 22 stati d’animo sulla scelta di alcuni cibi e piatti (Lyman, 1989). In uno stato d’animo noioso, sono stati selezionati cibi diversi. I dolci sono stati scelti nella gioia e nella felicità. Le persone rilassate o innamorate, piuttosto che quelle depresse o afflitte, hanno preferito gli alcolici; tali risultati sono stati attribuiti al desiderio di mantenere il buon umore. La classificazione degli alimenti in sani e malsani ha dimostrato che i cibi sani sono associati ad emozioni positive, come: fiducia in sè stessi, amicizia, felicità, mentre i cibi malsani, ad emozioni negative come l’ansia o la noia.
In uno studio dell’autrice (Babicz-Zielińska, 2003) è stato dimostrato l’impatto delle emozioni sulla quantità e sul tipo di cibo consumato in un centinaio di giovani donne di età compresa tra i 15 e i 19 anni. I dolci sono stati scelti nella rabbia, nel dolore, nella noia, nello stress, cioè negli stati d’animo negativi, ma anche nell’amore e nella felicità. Quando sono stanchi, i soggetti preferiscono maggiormente yogurt e frutta. La noia ha portato ad un aumento dell’assunzione di cibo; tale effetto è stato precedentemente segnalato da oltre l’83% delle giovani donne.
Questi risultati indicano l’esistenza di una “saggezza del corpo” ( o body wisdom) che guida le nostre scelte alimentari in risposta alle emozioni.
CONCLUSIONI
In conclusione possiamo affermare che in tale campo impiegare strategie interdisciplinari, come sostenuto dal Modello ecologico di cambiamento comportamentale (che combina strategie psicologiche, sociali e ambientali) possono probabilmente essere più efficaci degli interventi operanti su un unico livello (Sallis e colleghi, 2015). Gli approcci ambientali, come gli interventi sull’architettura alimentare, possono essere un modo promettente per stimolare scelte alimentari sane e, così facendo, raggiungere quegli individui che tendono ad essere acquirenti più impulsivi. Inoltre, anche gli interventi basati sulla famiglia potrebbero essere importanti. Tali interventi possono concentrarsi su modi per preparare e cucinare pasti veloci e gustosi in modo tale da ridurre gli ostacoli a un’alimentazione sana (ad esempio, barriere relative a tempo, costi e gusto) e aumentare la fiducia nella preparazione di pasti salutari
Dott.ssa in Psicologia Carmen Scala
Bibliografia
Babicz-Zielińska E., Factors influencing consumers’ behavior. Zesz. Nauk. AM, 2003, 48, 59–64 (in Polish).
Babicz-Zielińska, E. (2006). ROLE OF PSYCHOLOGICAL FACTORS IN FOOD CHOICE – A REVIEW. Polish Journal of Food and Nutrition Sciences, 56(4), 379-384.
Catalina M., Bote B, Garcia F, Rios B., Orthorexia nervosa. A new eating g behavior disorder? Act. Esp. Psiquiatr., 2005, 33, 66–68.
Donini, L.M. Marsil, D., Graziani, M.P., Imbriale, M., Cannella, C., Orthorexia nervosa: a preliminary study with a proposal for diagnosis and an attempt to measure the dimension on the phenomenon. Eat Weight Disord., 2004, 9, 151–157
Li, Y., Lv, M.R., Wei, Y.J., Sun, L., Zhang, J.X., Zhang, H.G., Li, B. Dietary patterns and depression risk: A meta-analysis. Psychiatry Res. 2017 Jul;253:373-382. doi: 10.1016/j.psychres.2017.04.020. Epub 2017 Apr 11. PMID: 28431261.
Lyman B., A Psychology of Food. 1989, Avi Book, New York, pp. 45–53.
Pearson, T.; Timperio, A.; Salmon, J.; Crawford, D.; Biddle, S. Family influences on childrens’ physical activity and fruit and vegetable consumption. Int. J. Behav. Nutr. Phys. Act. 2009, 6, 34–41. [CrossRef]
Sallis, J.; Owen, N. Ecological models of health behavior. In Health Behaviour: Theory, Research and Practice, 5th ed.; Glanz, K., Rimer, B., Viswanath, K., Eds.; Jossey-Bass: San Francisco, CA, USA, 2015
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